TUMORI MALIGNI DEL PANCREAS - Giuseppe Arenga
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TUMORI MALIGNI DEL PANCREAS

Il carcinoma del pancreas esocrino è una neoplasia la cui incidenza sta aumentando progressivamente nelle nazioni industrializzate. Nel 60-70% dei casi è localizzato alla testa del pancreas nel restante dei casi al corpo-coda pancreatico.E’ un tumore dell’età avanzata, nel 70% dei casi si manifesta tra i 60 e gli 80 anni mentre i casi sotto i 40 anni d’età sono molti rari. Colpisce in egual misura i maschi e le femmine

Il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio noto per l’adenocarcinoma del pancreas. Altri fattori di rischio sono rappresentati da diete ricche di carne e grassi, elevato consumo giornaliero di caffè (>4/die), diabete (I pazienti diabetici hanno un aumento del rischio di sviluppare un carcinoma pancreatico intorno al 50% rispetto ai non diabetici)

I sintomi del carcinoma del pancreas in stadio precoce sono poco specifici, solo con l’aumento di volume del tumore, per la compressione o invasione dei dotti biliari,  si presentano sintomi più caratteristici: calo di peso, la diminuzione o la perdita dell’appetito (anoressia), il dolore epigastrico irradiato al dorso, e soprattutto l’ittero (ossia una colorazione gialla delle sclere, della cute e delle mucose visibili dovuta ad accumulo della bilirubina nel sangue), debolezza (astenia), nausea e vomito.

La sintomatologia varia secondo la sede della neoplasia, essendo più precoce per i tumori della testa-processo uncinato del pancreas e più tardiva per quelli del corpo-coda. L’insorgenza o il rapido peggioramento di un diabete in soggetti adulti, in assenza di fattori predisponenti quali familiarità ed obesità, devono indurre ad eseguire un’accurata esplorazione morfologica del pancreas.

Per la diagnosi ci si avvale delle seguenti indagini strumentali:

L’ECOGRAFIA che è diventata il mezzo più sicuro, meno costoso e più facilmente disponibile per scoprire lesioni pancreatiche nei pazienti.  E’ quindi la prima indagine che viene eseguita, ma deve essere integrata da una TAC o RMN se negativa in un paziente sintomatico.

La TC spirale che consente di ottenere un’immagine tridimensionale di tutti gli organi addominali e visualizza non solo la massa tumorale pancreatica ma anche le eventuali metastasi epatiche e/o linfonodali. L’accuratezza diagnostica è buona (vengono diagnosticati 9/10 tumori pancreatici) ma diminuisce con il diametro del tumore: più piccolo è il tumore e maggiore è il rischio che sfugga all’indagine.

La COLANGIORMN che rappresenta la metodica di prima scelta per lo studio delle vie biliari e pancreatiche, anche perché consente di visualizzare i dotti a monte di eventuali stenosi non superabili dal mezzo di contrasto iniettato mediante ERCP. Essa è inoltre in grado di visualizzare il tumore e di definire i suoi rapporti con i grossi vasi peri pancreatici. Viene per lo più utilizzata sia nei casi in cui la TAC non consenta di dirimere il dubbio diagnostico, sia per definire se il tumore è resecabile nei casi in cui la TAC non fornisca informazioni sufficienti.

Per il  completamento dello studio del tumore pancreatico si può ricorrere ad ECOENDOSCOPIA, ERCP, PET TOTAL BODY

Il marcatore più sensibile e specifico di carcinoma del pancreas è il CA 19-9; si tratta di una glicoproteina che viene prodotta dalle cellule tumorali in maniera abbastanza direttamente proporzionale al numero di cellule neoplastiche presenti sia nel tumore primitivo che nelle eventuali metastasi. Negli stadi più avanzati della neoplasia si trovano livelli aumentati di questi indici in circa i ¾ dei casi. L’aumento del CA 19-9 è presente anche in alcune patologie benigne come la calcolosi del coledoco. Il CA 19-9 ha un ruolo importante nel monitoraggio della terapia sia medica che chirurgica. Infatti i livelli diminuiscono progressivamente in risposta ad una chemioterapia efficace e si normalizzano dopo l’asportazione chirurgica radicale del tumore. Al contrario, i livelli possono continuare ad aumentare in corso di una chemioterapia poco efficace, oppure rimanere elevati anche dopo un intervento eseguito con intento radicale, segnalando la presenza di malattia residua non visibile con le indagini morfologiche disponibili. Infine, i marcatori che riprendono ad aumentare dopo essersi normalizzati, o dopo una diminuzione importante, segnalano la ripresa della malattia a livello locale e/o a distanza.

Al momento della diagnosi di carcinoma pancreatico bisogna valutare attentamente se la neoplasia è limitata al pancreas o ha già dato metastasi, ossia abbia raggiunto altri organi vicini o lontani (linfonodi, vasi sanguigni, fegato). L’interessamento loco-regionale e/o a distanza determina la possibilità o meno di intervenire chirurgicamente con intento radicale. In altri termini, una corretta stadiazione della malattia stabilisce se la neoplasia è resecabile oppure no.La terapia chirurgica, quando possibile, rappresenta senza dubbio la scelta migliore per il trattamento del carcinoma pancreatico.

Gli interventi possono essere di tipo resettivo o curativo (con asportazione del tessuto neoplastico) e di tipo derivativo o palliativoEsistono tre tipi principali d’intervento chirurgico con intento curativo per i tumori pancreatici. La scelta dipende dalla sede e dall’estensione della neoplasia. Essi sono: la Duodenocefalopancreasectomia, la Pancreasectomia Sinistra e la Pancreasectomia Totale.
La Duodenocefalopancreasectomia è l’intervento chirurgico più conosciuto per il carcinoma pancreatico ed è riservato ai tumori insorgenti nella testa dell’organo. Si tratta dell’intervento addominale tecnicamente più complesso e difficile. Esso prevede l’asportazione della testa del pancreas, del duodeno, della colecisti, della parte terminale del coledoco e, almeno nella versione originale, di una parte dello stomaco. Una più recente variante di questo intervento è la tecnica in cui viene conservato tutto lo stomaco e sezionato il duodeno. Questo formidabile intervento chirurgico è gravato  da un’incidenza di complicanze postoperatoria molto elevata, la mortalità dopo duodenocefalopancreasectomia nelle mani di un chirurgo pancreatico esperto è attualmente molto bassa (0-2%).
La Splenopancreasectomia Sinistra è riservata ai tumori del corpo-coda del pancreas. Il pancreas viene sezionato abitualmente davanti al tronco mesenterico-portale e asportato insieme alla milza.L’intervento è tecnicamente più semplice della duodenocefalopancreasectomia, non richiede l’apertura o la resezione di tratti d’intestino e può essere eseguito più rapidamente. L’entità del pancreas asportato si aggira sul 50% della ghiandola. Il pancreas residuo, se sano e se il paziente non è in sovrappeso, è sufficiente ad evitare il diabete. L’unica complicazione piuttosto frequente è la fistola pancreatica. Si tratta di una complicazione per lo più benigna che si risolve abbastanza agevolmente.
La Pancreasectomia Totale è riservata ai pazienti in cui il tumore è esteso a tutto il pancreas, per cui non è possibile lasciare in sede una parte del pancreas sicuramente sana. Si tratta di una duodenocefalopancreasectomia associata ad una splenopancreasectomia. Viene pertanto a mancare la necessità di una anastomosi tra pancreas e intestino. Pertanto la ricostruzione della continuità digestiva prevede solo l’anastomosi dello stomaco (o del duodeno) e del coledoco con il piccolo intestino

E’ possibile condurre una vita normale anche senza il pancreas. Il principale problema è rappresentato dal diabete, dato che la terapia con l’insulina necessita di un controllo frequente, di una dieta e di una attività fisica perfettamente standardizzate.

Quando non è possibile asportare il tumore e questo cresce ostruendo il dotto biliare principale (causando ittero) o il duodeno (bloccando il transito alimentare), il chirurgo può aggirare l’ostacolo eseguendo un intervento derivativo o palliativo chiamato bypass (biliare e/o digestivo).
Anastomosi biliodigestiva: senza rimuovere il tumore, si sutura un’ansa del piccolo intestino alla via biliare in modo che la bile possa defluire nell’intestino saltando l’ostacolo del tumore che ha determinato l’ittero Questo intervento si chiama epaticodigiunostomia o “bypass biliare” ed è abitualmente associato alla gastroenteroanastomosi nello stesso intervento.
Gastroenteroanastomosi: si prende un’ansa del piccolo intestino e la si abbocca allo stomaco eseguendo una gastrodigiunostomia o “bypass gastrico” (in questo modo il cibo introdotto nello stomaco progredisce nel piccolo intestino saltando la parte di duodeno bloccata dal tumore)

In alternativa all’intervento chirurgico, è possibile bypassare l’ostacolo al transito biliare con metodiche meno invasive come l’inserimento di una protesi (in pratica un piccolo tubo di materiale plastico o metallico chiamato“stent”) nell’albero biliare per via endoscopica o radiologica. Il calibro ed il tipo di materiale condizionano la durata della pervietà della protesi. Quando la protesi comincia ad ostruirsi compaiono degli episodi febbrili collegati all’infezione della via biliare (colangiti). Si tratta di puntate febbrili elevate seguite da caduta rapida della temperatura associata a sudorazione profusa. In questo caso la protesi deve essere sostituita rapidamente. L’ostruzione del duodeno è un evento fortunatamente raro. In questo caso il paziente non riesce più ad alimentarsi. Oltre alla soluzione chirurgica riportata sopra, esiste una soluzione endoscopica. In pratica, mediante gastroscopia, sotto controllo radiologico viene introdotta una protesi metallica che, una volta completamente aperta, garantisce il passaggio del cibo. L’alimentazione può essere quindi ripresa, per lo più con cibo semi-liquido.La scelta del trattamento, endoscopico o chirurgico che offra al paziente il miglior beneficio con il minor rischio, è frutto della necessaria competenza ed esperienza e della disponibilità di risorse locali. La scelta è anche basata sull’estensione della malattia e sulle condizioni generali del paziente.