TUMORI MALIGNI PRIMITIVI DEL FEGATO - Giuseppe Arenga
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TUMORI MALIGNI PRIMITIVI DEL FEGATO

EPATOCARCINOMA (HCC)

L’Epatocarcinoma (HCC) rappresenta circa l’80% dei tumori primitivi del fegato e colpisce il sesso maschile con frequenza doppia rispetto a quella femminile. E’ tra le principali cause di morte per tumore nel sesso maschile. Le principali cause favorenti lo sviluppo di un Epatocarcinoma sono l’epatite B e l’epatite C, in particolare se hanno dato esito ad un quadro di malattia cronica quale la cirrosi. Quasi il 70% dei pazienti con Epatocarcinoma è portatore di una di queste due epatiti. E’ dimostrato scientificamente che una sorveglianza periodica (semestrale), con ecografia epatica, nei pazienti positivi all’epatite B o all’epatite C permette una diagnosi precoce dell’Epatocarcinoma con una riduzione della mortalità globale.

La diagnosi di HCC si basa sul riscontro di un quadro di imaging tipico di malignità in fegato cirrotico o sul rilievo istologico. Il tumore del fegato può essere diagnosticato durante un controllo di routine, tramite palpazione durante una visita medica (che evidenzia ingrossamento del fegato, della milza o di altri organi vicini) o accidentalmente mediante indagini radiologiche (ECOGRAFIA, TAC,RMN).
La diagnosi di Epatocarcinoma viene confermata mediante esami del sangue (per la valutazione dei livelli di AFP, e della funzionalità del fegato), un’ecografia con o senza mdc, una TAC o una risonanza magnetica (RMN). Potrebbe essere necessario effettuare una biopsia, attraverso la quale tramite un ago viene prelevato un piccolo campione di tessuto epatico che successivamente viene esaminato al microscopio. Livelli di AFP nel sangue superiori alla norma (oltre i 200 ng/ml) o progressivamente crescenti a controlli distanziati nel tempo potrebbero indicare la presenza di tumore del fegato. Purtroppo l’AFP risulta aumentata solo in un piccolo numero di pazienti affetti da tumore del fegato (in media 2 su 10 pazienti) e pertanto non è possibile affidarsi unicamente a questo esame per porre diagnosi certa di epatocarcinoma. Grazie ai continui progressi tecnologici, l’ecografia consente di evidenziare precocemente lo sviluppo di tumore del fegato anche quando il tumore ha una dimensione di pochi millimetri. Pertanto l’ecografia, effettuata da personale esperto, costituisce uno strumento insostituibile per la diagnosi di questo tumore. La tecnica non è invasiva né dolorosa né pericolosa per il paziente, e presenta il vantaggio di essere economica. Pertanto, quando i livelli di AFP risultano molto aumentati e/o l’ecografia pone il sospetto di epatocarcinoma, è utile riferirsi a un centro specialistico. L’effettuazione di una TAC con somministrazione di mezzo di contrasto endovenoso, preferibilmente con tecnica spirale, è un passo diagnostico successivo molto importante.

Le possibili opzioni terapeutiche dipendono dalla presenza o meno di un’epatopatia cronica (epatite cronica o cirrosi). Pertanto si distinguono due categorie di soggetti:

Pazienti con fegato sano: il tumore insorge assai raramente in pazienti senza malattie del fegato. In questi casi bisogna sempre e comunque prendere in considerazione la possibilità di eseguire un intervento di resezione epatica. È possibile applicare tecniche preoperatorie come l’embolizzazione portale, per incrementare le possibilità di poter superare con successo l’intervento. La trombosi di rami venosi portali intraepatici non rappresenta una controindicazione assoluta all’intervento.

Pazienti con malattie croniche o fegato cirrotico: in questi pazienti deve essere sempre tenuta in considerazione l’entità del danno provocato sulla funzione del fegato dalla cirrosi. Tale danno viene valutato con un sistema a punti (MELD score), da un accurato protocollo di esami ematochimici e dalla valutazione dell’ ipertensione portale presente (presenza di varici esofagee alla gastroscopia o determinazione della pressione venosa a livello delle vene sovraepatiche). È importante avere poi una mappa completa del numero dei noduli e della loro dimensione. Di seguito i possibili trattamenti

Resezione epatica: è stata la prima terapia ad essere usata per l’epatocarcinoma. È indicata per i pazienti con noduli singoli, in classe di Child A5, A6 e B7. Un valore di MELD di 11 rappresenta il punto in cui è possibile condurre in sicurezza le resezioni epatiche. L’ipertensione portale deve essere assente o minima, anche se non vi sono dati certi che l’ipertensione portale rappresenti realmente un fattore svantaggioso per l’esecuzione di una resezione epatica.
I vantaggi della resezione epatica risiedono nell’asportazione completa del tumore e del tessuto circostante. Gli svantaggi risiedono nella possibilità di insorgenza di insufficienza epatica dopo l’intervento e nella possibilità che si riformino altri noduli nel fegato con il tempo. I risultati oggi prevedono un rischio operatorio intorno all’1% ed una sopravvivenza dei pazienti dopo 5 anni dell’intervento del 50%.

rimozione con Alcolizzazione o Radiofrequenza: sono tecniche sviluppate in alternativa alla resezione. Prevedono la distruzione del tumore mediante iniezione di alcool assoluto o calore portati dentro il fegato da aghi o sonde introdotte attraverso la parete addominale. Hanno indicazioni simili alla chirurgia, includendo però anche quei pazienti che non possono essere operati o non vogliono operarsi. I vantaggi risiedono nell’evitare l’intervento chirurgico. Gli svantaggi consistono nella mancata certezza della distruzione di tutto il tumore e nella necessità di dover eseguire più sedute. Possono ripresentarsi nuovi noduli con il tempo. I risultati sono di poco inferiori a quelli della chirurgia.

Chemioembolizzazione (TACE): è una terapia palliativa, di down-staging o comunque utile strumento per evitare il drop out dalla lista di attesa. Può provocare dolore al fianco e febbre, che si risolvono generalmente in pochi giorni. Possono essere necessarie più sedute

Trapianto di fegato: è in teoria la terapia più efficace, rimuovendo sia il tumore che il fegato cirrotico. Il paziente con epatocarcinoma per poter essere elegibile al trapianto deve rientrare nei cosidetti Criteri di Milano (lesione singola di dimensioni > 5 cm o fino a 3 lesioni ciascuna con dimensioni > 3 cm). Pazienti inizialmente non candidabili al trapianto possono essere ricondotti all’interno dei criteri di Milano mediante metodiche di “Down-staging” quali Chemioembolizzazione o metodiche di termoablazione